“La mia storia inizia a Prato, il 21 giugno 1969, sotto il sole del primo giorno d’estate. Forse era già scritto che la luce, i colori e la bellezza avrebbero guidato il mio cammino.Da bambina, non giocavo con le bambole: le vestivo con carta di giornale e spago. I miei pomeriggi dopo la scuola li passavo nel negozio di ferramenta di famiglia, tra viti e martelli. Ma ciò che più amavo erano i tappi di sughero. Ricordo ancora quel pomeriggio in cui, armata di nastro adesivo e pazienza infinita, ne incartai 600, uno per uno. I miei genitori, incuriositi dal mio silenzio, mi osservavano stupiti: non era un gioco, era un bisogno irrefrenabile di dare forma alle idee. La creatività non era un passatempo: era il mio primo linguaggio. Questo amore viscerale per la materia e per la progettazione mi portò all’Istituto d’Arte di Porta Romana a Firenze, dove mi sono diplomata in Arredamento e Design. Tra quelle mura storiche, tra gessi e bozzetti, ho imparato a tradurre le emozioni in progetti. A dare una struttura a ciò che prima era solo istinto. Eppure, la vita a volte ti porta lontano dalla tua strada. Dopo gli studi, ho lavorato in uffici, ho fatto altri mestieri... ma quella vocina non ha mai smesso di sussurrarmi: “C’è di più. C’è una strada che ti appartiene.”Quella strada era più vicina di quanto pensassi. Era fatta di matrimoni, di storie d’amore, di spazi da trasformare in ricordi. E tutto è tornato a combaciare.”
“Poi è arrivato il mio giorno, il giorno che ogni ragazza sogna fin da piccola. Ero Serena la wedding planner, Serena la progettista: credevo di avere tutto sotto controllo.
Scelsi una location da sogno, fiori che sembravano usciti da un quadro, tavoli impeccabili. Il mio matrimonio era esteticamente perfetto.
Gli ospiti rimasero estasiati. Qualcuno sussurrò: ‘Sembra una favola’.Ma una favola di chi?Quando, a distanza di tempo, ho riguardato le foto, ho provato uno strano vuoto.
Dov’erano io e Simone in tutto quello splendore?
Dov’era quella coppia che la domenica mattina fa colazione in pigiama, che preferisce le camminate in montagna al lusso dei salotti, che si emoziona più per un’immersione nel blu che per un cristallo di Swarovski?
Dov’ero io, con la mia passione per la moto e il vento tra i capelli?La nostra essenza di appassionati di sport, montagna e avventure... non c’era.
I fornitori – bravissimi, professionali – avevano ascoltato le mie richieste, ma non avevano ascoltato noi.
Avevano creato un matrimono bellissimo, ma non il nostro matrimonio.Quella consapevolezza è stata un pugno allo stomaco.
Ma in quel disincanto è nata la certezza più grande della mia vita professionale:
un matrimonio vero non è quello che stupisce, ma quello che racconta.”